La
notte trascorsa pensavo a quei fili tenaci come radici di peccio
che dall'Altipiano dei Sette Comuni mi univano alle montagne bellunesi.
Partono da tempi lontani, da quando lo zio di mio nonno venne
a trovarsi proprio tra i minatori della Valle Imperina. Si era
laureato a Padova nel 1834, ai tempi di Francesco I° imperatore,
a Vienna si era specializzato in chirurgia e dal Governo di allora
inviato nell'Agordino quale medico dei minatori della Valle Imperina,
dove si fermò un paio d'anni. Un altro filo ci lega con
i ricordi della Grande Guerra quando compaesani nostri e vostri
si trovarono a combattere sui monti di casa. Fili rotti e lacerati
dalle battaglie, riallacciati dalle memorie.
Nel 1943, alle soglie di quell'inverno così drammatico
per lutti e per fame, in un grigio giorno di pioggia e neve, Augusto
Murer incontrò uno spettrale gruppo di ebrei che dopo l'8
Settembre erano fuggiti dall'Altopiano e vagavano per le montagne
passando da un gruppo all'altro di partigiani; volevano raggiungere
la Palestina. Dopo anni ho seguito le loro tracce: tre finirono
fucilati alle Fosse Ardeatine, altri nelle acque dell'Adriatico.
Nel 1944, per il sentiero che ora ha preso il suo nome, il maggiore
inglese Tilman paracadutato tra i partigiani, univa la Resistenza
nelle nostre montagne venete. Pure i nostri emigranti che nel
dopoguerra erano ritornati al paese per morire, ci raccontavano
dei loro compagni minatori Bellumat che lavoravano nelle cave
del Nord America dove si estraevano i blocchi per costruire le
città.
Montagne, pietre, cave, miniere, fatiche, migrazioni, guerre,
lotte per la libertà: è da qui, e così, che
nasce l'arte di Augusto Murer; da questo mondo riceve ispirazioni
e forza morale, che gli da pure la forza fisica, per creare i
suoi capolavori. Da ragazzo aveva capito il segreto dei boschi
e le fatiche dei boscaioli, impara a faticare con i maestri d'arte,
con il disegno e le forme, con i partigiani approfondisce il concetto
di libertà.
Ma libertà va imparata anche dai minatori della Valle Imperina,
lì nel sottosuolo; lì nel buio della Terra Madre.
Ecco i suoi disegni rischiarati dalle lampade frontali dei minatori
intenti a scavare o che si avviano verso l'uscita con la lanterna
a carburo in mano. O che fanno assise dentro un cunicolo con il
lume appeso a una trave; o che sono seduti per il breve riposo
dopo aver mangiato una gamella di minestrone, bevuto un sorso
di vino agro e fumato una sigaretta di trinciato.
Conosco pur io il lavoro della miniera, caricare e spingere i
carrelli sulleLa notte trascorsa pensavo a quei fili tenaci come
radici di peccio che dall'Altipiano dei Sette Comuni mi univano
alle montagne bellunesi. Partono da tempi lontani, da quando lo
zio di mio nonno venne a trovarsi proprio tra i minatori della
Valle Imperina. Si era laureato a Padova nel 1834, ai tempi di
Francesco I° imperatore, a Vienna si era specializzato in
chirurgia e dal Governo di allora inviato nell'Agordino quale
medico dei minatori della Valle Imperina, dove si fermò
un paio d'anni. Un altro filo ci lega con i ricordi della Grande
Guerra quando compaesani nostri e vostri si trovarono a combattere
sui monti di casa. Fili rotti e lacerati dalle battaglie, riallacciati
dalle memorie.
Nel 1943, alle soglie di quell'inverno così drammatico
per lutti e per fame, in un grigio giorno di pioggia e neve, Augusto
Murer incontrò uno spettrale gruppo di ebrei che dopo l'8
Settembre erano fuggiti dall'Altopiano e vagavano per le montagne
passando da un gruppo all'altro di partigiani; volevano raggiungere
la Palestina. Dopo anni ho seguito le loro tracce: tre finirono
fucilati alle Fosse Ardeatine, altri nelle acque dell'Adriatico.
Nel 1944, per il sentiero che ora ha preso il suo nome, il maggiore
inglese Tilman paracadutato tra i partigiani, univa la Resistenza
nelle nostre montagne venete. Pure i nostri emigranti che nel
dopoguerra erano ritornati al paese per morire, ci raccontavano
dei loro compagni minatori Bellumat che lavoravano nelle cave
del Nord America dove si estraevano i blocchi per costruire le
città.
Montagne, pietre, cave, miniere, fatiche, migrazioni, guerre,
lotte per la libertà: è da qui, e così, che
nasce l'arte di Augusto Murer; da questo mondo riceve ispirazioni
e forza morale, che gli da pure la forza fisica, per creare i
suoi capolavori. Da ragazzo aveva capito il segreto dei boschi
e le fatiche dei boscaioli, impara a faticare con i maestri d'arte,
con il disegno e le forme, con i partigiani approfondisce il concetto
di libertà.
Ma libertà va imparata anche dai minatori della Valle Imperina,
lì nel sottosuolo; lì nel buio della Terra Madre.
Ecco i suoi disegni rischiarati dalle lampade frontali dei minatori
intenti a scavare o che si avviano verso l'uscita con la lanterna
a carburo in mano. O che fanno assise dentro un cunicolo con il
lume appeso a una trave; o che sono seduti per il breve riposo
dopo aver mangiato una gamella di minestrone, bevuto un sorso
di vino agro e fumato una sigaretta di trinciato.
Conosco pur io il lavoro della miniera, caricare e spingere i
carrelli sulle schiene fino al barlume dello scarico, in quell'aria
che fa spurgare nero e bianchi gli occhi.
Era verso la fine della guerra, nel 1944, e i giorni erano notti
che non finivano mai.
Augusto Murer, negli anni del dopoguerra, è entrato nelle
miniere della Valle Imperina per testimoniare con la sua arte
gli uomini e il lavoro degli uomini dentro la montagna.
Sono importanti questi disegni, forti come un urlo che sale dal
profondo per ricordare a noi, uomini del Duemila, la fatica e
la speranza, perché lui e i minatori erano orgogliosi del
loro lavoro per tutti, per andare avanti insieme non per opere
di guerra ma di pace. Guardateli: molti hanno il corpo teso in
avanti come voler penetrare l'avversità della vita, oltre
il buio. Nel baluginare della lumiera sapeva battere il pesante
piccone, o la mazza sullo stampo da mina. Augusto ha capito tutto
questo: lavoro, fatica, risultato, orgoglio.
schiene
fino al barlume dello scarico, in quell'aria che fa spurgare nero
e bianchi gli occhi.
Era verso la fine della guerra, nel 1944, e i giorni erano notti
che non finivano mai.
Augusto Murer, negli anni del dopoguerra, è entrato nelle
miniere della Valle Imperina per testimoniare con la sua arte
gli uomini e il lavoro degli uomini dentro la montagna.
Sono importanti questi disegni, forti come un urlo che sale dal
profondo per ricordare a noi, uomini del Duemila, la fatica e
la speranza, perché lui e i minatori erano orgogliosi del
loro lavoro per tutti, per andare avanti insieme non per opere
di guerra ma di pace. Guardateli: molti hanno il corpo teso in
avanti come voler penetrare l'avversità della vita, oltre
il buio. Nel baluginare della lumiera sapeva battere il pesante
piccone, o la mazza sullo stampo da mina. Augusto ha capito tutto
questo: lavoro, fatica, risultato, orgoglio.
MARIO RIGONI STERN
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I
MINATORI DELL'AGORDINO
- 1955 -
china
cm 37x50
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I
MINATORI DELL'AGORDINO
- 1955 -
china
cm 37x50
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MINATORE
- 1953 -
china
cm 33x47
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MINATORI
DELL'AGORDINO
- 1969 -
litografia a colori
cm 50x70
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RIUNIONE
NELLA MINIERA
- 1951 -
china
cm 35x43,7
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MINATORE
- 1954 -
china
cm 31,5x43,5
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MINATORI
- 1953 -
china
cm 45x64
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DISCESA
IN MINIERA
- 1952 -
china colorata a mano
cm 47x65
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La
nuit passée je pensais à ces fils tenaces comme
les racines des sapins rouges qui du Haut Plateau des Sept Communes
m'unissaient aux montagnes bellunoises. Ils remontaient aux temps
lointains, lorsque l'oncle de mon grand-père se retrouva
justement parmi les mineurs de la Val Imperina. Il s'était
licencié à Padoue en 1834, du temps de l'Empereur
François 1er. Puis il s'était spécialisé
en chirurgie à Vienne et avait été envoyé
par le Gouvernement de l'époque en tant que médecin
des mineurs dans l'Agordino, où il resta pour quelques
mois. Un autre fil qui nous lie sont les souvenirs de la Grande
Guerre quand nos et vos compatriotes se retrouvèrent à
combattre ensemble dans les montagnes de chez nous. Fils coupés
et déchirés par les batailles, renoués par
les souvenirs.
En 1943, au seuil de cet hiver si dramatique à cause des
luttes et de la famine, lors d'un jour gris, de pluie et de neige,
Augusto Murer rencontra un groupe spectral de Juifs, qui après
le 8 septembre s'étaient enfuis du Haut Plateau et erraient
à travers les montagnes en passant d'un groupe de partisans
à l'autre. Leur but était de rejoindre la Palestine.
Après de nombreuses années j'ai voulu savoir ce
qu'ils étaient devenus : trois d'entre eux moururent fusillés
dans les Fosses Ardeatine, d'autres furent jetés dans les
eaux de l'Adriatique. En 1944, sur le sentier qui maintenant porte
son nom, le sergent-major Tilman parachuté parmi les partisans,
faisait de trait d'union à la Résistance dans les
montagnes de la Vénétie. Même nos émigrants,
qui après la guerre étaient retournés au
pays pour mourir, nous racontaient de leurs camarades mineurs
bellumat (de Belluno et province) qui travaillaient dans les carrières
de l'Amérique du Nord où l'on extrayait les blocs
pour construire les villes.
Des montagnes, pierres, carrières, minières, fatigues,
migrations, guerres, luttes pour la liberté: voilà
la source de l'art de Murer; c'est de ce monde-là qu'il
a reçu l'inspiration et la force morale, qui lui donnera
aussi la force physique de créer ses chefs-d'oeuvre. Jeune
homme, il avait compris le secret des bois et l'éreintement
des bûcherons. En même temps il a appris à
peiner avec les maîtres d'art, le dessin et les formes tandis
qu'avec les partisans il approfondit le concept de liberté.
Mais la liberté on l'apprend aussi des mineurs de la Val
Imperina, là dans son sous-sol, dans l'obscurité
de la Terre, mère commune à tous.
Voilà
ses dessins éclairés par les lampes frontales des
mineurs en train de creuser ou qui se dirigent vers la sortie,
leur lanterne au carbure à la main. Où encore des
dessins de mineurs qui font des réunions à l'intérieur
d'une galerie avec une lampe pendue à une poutre ou bien
qui sont assis pour un bref moment de repos après avoir
mangé une gamelle pleine de potage, bu une gorge de vin
acre et fumé une cigarette de tabac.
Moi aussi je connais le travail des minières, charger et
pousser les wagonnets sur les ponts en dos d'âne jusqu'à
la lueur du déchargement, en respirant un air qui fait
sortir des yeux des impuretés noires et blanches. C'était
vers la fin de la guerre, en 1944 et les journées étaient
des nuits qui ne finissaient jamais.
Augusto Murer, dans les années de l'après-guerre,
est entré dans les mines de la Val Imperina pour témoigner
avec son art des hommes et du travail des hommes dans la montagne.
Ces dessins sont importants et forts comme un cri qui monte du
fond du coeur pour nous rappeler, hommes de l'an 2000, la fatigue
et l'espoir. Les mineurs et lui étaient fiers de leur travail
qui servait à tout le monde, leur but étant de continuer
ensemble non pas pour construire des oeuvres de guerre mais de
paix. Regardez-les: beaucoup d'entre eux ont le corps tendu en
avant comme s'ils voulaient pénétrer dans l'adversité
de la vie, au-delà de l'obscurité. Dans la lumière
qui paraît et disparaît, ils savaient taper sur leur
pic lourd, ou frapper leur gourdin sur l'étampe de mine.
Augusto a compris tout cela: travail dur, fatigue, résultat,
orgueil.
MARIO
RIGONI STERN
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